Boyhood

Sala 1

Lunedì, 11 Gennaio 2016

Girato in brevi periodi tra il 2002 e il 2013, il film è un'esperienza cinematografica innovativa che copre 12 anni di vita di una famiglia. Al centro della storia vi è Mason, che con la sorella Samantha vive il suo percorso di crescita, dall'infanzia all'età adulta. Orso d'Argento alla Regia al Festival di Berlino 2014.

 

Scheda

Regia: Richard Linklater
Paese: USA
Anno: 2014
Durata: 165 min
Interpreti: Ellar Coltrane, Patricia Arquette, Ethan Hawke, Lorelei Linklater, Tamara Jolaine, Nick Krause 

Trama

La vita del giovane Mason viene raccontata dall'età di 6 anni fino a quella dei 18, seguendo le sue relazioni con i genitori (Ethan Hawke e Patricia Arquette) prima e dopo il loro divorzio. Girato in brevi periodi tra il 2002 e il 2013, il film è un'esperienza cinematografica innovativa che copre 12 anni di vita di una famiglia. 

Critica

Che raccontare la vita al cinema sia l'ambizione più nobile e radicata è indiscutibile, ma Boyhood, accolto dal più convinto e trionfale applauso alla berlinale, ne eleva il progetto alla quintessenza di un'opera sperimentale, rendendolo il caso cinematografico del 2014: girato senza una trama registrando solo la vita stessa e il tempo che passa per 12 anni, con un totale di 39 giorni di riprese effettuate ogni anno. Al centro la vita di una famiglia e un percorso di formazione dall'infanzia all'età adulta, sullo sfondo l'11 settembre, la guerra in Iraq e il primo mandato di Obama. Fin dal suo secondo lungometraggio Slacker e poi con la trilogia Prima dell'alba, Prima del tramonto e Before Midnight, Linklater ha fatto del tempo una delle ossessioni del suo cinema, sempre instancabilmente a caccia della realtà, ma qui la Storia scrorre in fieri in un unico film davanti ai nostri occhi, in diretta come l'abbiamo vissuta, con un transfert assoluto di enorme impatto emotivo. Il senso della ricerca è la visione estemporanea, se ci fosse una scena dove il regista calca la mano sull'emotività, dove sbava con la colonna sonora o dove fa troppi virtuosismi col montaggio, avrebbe fallito nel suo intento, e la coerenza interna (in questo caso più che fondamentale!) verrebbe spezzata all'istante.

"Benvenuti nell'universo di 'Boyhood', il capolavoro di Richard Linklater, acclamato a Sundance 2014, Orso d'argento alla Berlinale e certamente degno di entrare nella Storia del cinema, sicuramente americano ma non solo. Se l'enfasi critica può suonare distonica alle banali informazioni finora sbriciolate sulla pellicola, ecco il tesoro nascosto: Mason Jr, come i suoi famigliari e coprotagonisti, sono interpretati dai medesimi attori 'raccolti' in ben 12 anni della loro vita. Il 'progetto Boyhood' nasce infatti insieme al nuovo Millennio, quando il tenace Linklater s'intestardisce nella volontà di un film 'formato real-life-long', che intrappola la suddetta famiglia dal luglio 2002 agli inizi del 2014, in 39 giorni di riprese effettuate ogni anno a scadenze variabili. Questa modalità ideativo/produttiva ed estetica rende 'Boyhood' unico nel suo genere, semmai solo imparentato a pochi 'esemplari' audiovisivi extralong, tra cui i più famosi sono tedeschi: dal doc i 'Bambini di Golzow' documentario iniziato nel 1961 dalla DEFA dell'allora DDR e finito nel 2007, che mette in scena gli spinoff dei membri di una classe dall'asilo all'età adulta, ai celebri 'Heimat' e 'Berlin Alexanderplatz'. Ma nel caso di 'Boyhood' il territorio è ancora 'altrove': un racconto inventato (mirabilmente scritto sempre da Linklater) a cui gli interpreti accettano di aderire per 12 anni della loro vita e che poi verrà frantumato e 'ridotto' per montaggio in 164 minuti. Il luogo d'indagine semiotica è dunque a metà tra il formato-film e quello della Serie Tv, a cavallo tra il Reality e il cinema ad episodi. (...) Mentre i figli crescono e i genitori divorziati sviluppano nuove famiglie, pur restando loro legati, sullo fondo scorre la Storia americana, che il cineasta depriva mirabilmente di fastidiosa retorica da tele-news. Protagonista assoluta è dunque la quotidianità che solo uno sguardo eccezionale riesce a rendere straordinaria, nel suo bruciarsi tra gioie e dolori, successi e fallimenti. Con ironia (esemplari le scene coi bimbi che svogliati recitano gli inni americano e texano), suspense e assenza di giudizio su personaggi ed azioni, Linklater riesce nel miracolo della verosimiglianza al reale secondo un percorso linguistico/estetico di un cinema che ha assorbito le sperimentazioni audio-visive più complesse. Il risultato è il collaudo di un dispositivo di apparente semplicità, in un'armonia lineare ed emozionante. 'Boyhood' sembra un''Heimat' 'contratta' e profondamente americana, però unitaria e temporalmente sfumata. Tutto converge in fluidità e coesione, in narrazione come drammaturgia a raccontare la Famiglia, caposaldo in declino del Made in USA. Capolavoro."
(Anna Maria Pasetti, 'Il Fatto Quotidiano', 23 ottobre 2014)

"Ci sono film che riescono male perché vengono girati troppo in fretta, o perché la lavorazione si dilunga e il regista si perde, o perché magari sono troppo ambiziosi e i mezzi non bastano mai. 'Boyhood' è un film a suo modo perfetto che è stato girato in meno di quaranta giorni ed è costato pochissimo, anche se la sua lavorazione si è protratta per circa dodici anni. Proprio così, dodici anni di riprese segrete, una volta l'anno, durante i quali il piccolo Mason (Ellar Coltrane), che all'inizio è un paffuto bambino, è diventato un ragazzino e poi un (bellissimo) adolescente, con tutte le trasformazioni del caso, fino a partire per il college. Dodici anni in cui non è cambiato solo lui ma i suoi genitori (Patricia Arquette e Ethan Hawke), separati fin dall'inizio e destinati a incontrare altri partner che nel film avranno un ruolo talvolta importante e talvolta no. (...) Dodici anni durante i quali è cambiata soprattutto l'America, passando dal dopo-11 settembre e dalla guerra in Iraq (...) alla presidenza di Obama. Anche qui però senza sottolineature e drammatizzazioni, contrariamente a quanto accade nel 99 per cento dei film americani, perché Linklater ha scelto una prospettiva intimista e i grandi eventi ci sono ma sempre sullo sfondo, come la musica delle tante band che ci hanno accompagnato in questi anni, dagli Arcade Fire ai Coldplay, da Paul McCartney ai Flaming Lips. E anche l'odio del padre per Bush serve a illuminare un momento della crescita di Mason, oltre che a ricordare un passaggio decisivo della storia recente. Mentre il boom di Harry Potter segna la fine dell'infanzia di Mason in una scena che va dritta al cuore, fatta solo di dialoghi padre/figlio e di un timing perfetto all'interno del film. Che dedica a ogni anno una sequenza, concentrata in poche ore o in una giornata, ma non costruisce un 'grande romanzo' come hanno fatto tanti altri scrittori o registi, perché non connette fra loro i tanti personaggi che incrociano il cammino di Mason e della sua famiglia (...). Anzi, molti se li perde proprio per strada, dopo aver loro dedicato magari una sola scena. Come succede nella vita (...). Ma come succede o succedeva nella vita di tutti noi, almeno prima di Facebook (c'è anche una gustosa discussione sulle nostre vite virtuali). Perché inseguendo con grande tatto e finezza quelle che potrebbero sembrare banalità, Linklater riesce a cogliere il cammino misterioso del tempo, il respiro silenzioso di un'intera epoca con una nitidezza e - qualità più insolita - una tenerezza che danno al film il sapore della prima volta. Molti altri registi, da Truffaut a Reitz ('Heimat' 2 e 3) allo stesso Linklater (la serie 'Prima dell'alba') hanno seguito attori e personaggi per anni. Ma in questo mosaico di fatto di dodici microracconti, curiosamente avari di crescendo e scene madri, è proprio il minimalismo di fondo che lentamente, goccia a goccia, ci conquista. Fino a quel bellissimo finale che rovesciando il vecchio 'carpe diem' insinua il dubbio decisivo. Forse Boyhood non è un romanzo e nemmeno una cronaca. È un poema."
(Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 27 ottobre 2014)

"Intorno alla famiglia, multipla, disgregata, riaggregata, ossessivamente religiosa, monca, ritrovata, si muovono i film papabili all'Orso d'oro del concorso della Berlinale 64 (...). Il più brillante, accolto da lungo applauso, è l'americano 'Boyhood' di Richard Linklater. (...) Specialista del cinema che insegue il tempo (si è appena conclusa la trilogia di 'Before Sunset', 'Before Sunrise', 'Before Midnight', tre momenti di un amore in vent'anni d'alti e bassi, con gli stessi attori), Linklater ha presentato una sorta di 'Twelve Years Family Project'. Dal 2002, scrivendo e girando anno per anno, ha impostato un nucleo di mamma (Patricia Arquette), papà (Ethan Hawke), figlio (Ellar Coltrane, 6 anni) e figlia (Lorelai Linklater 8 anni) a cui ha affidato una sceneggiatura in progress, mentre gli attori crescevano e invecchiavano. Il titolo è assegnato all'esperienza dei ragazzi, la più significativa e in fondo più riuscita, la cruciale trasferta dall'infanzia all'adolescenza, tra le tre separazioni della madre inquieta, le assenze e i recuperi del padre, i cambi di casa, scuola e stati (dall'Alaska al Texas), i videogiochi, gli spinelli e la scoperta del sesso, la vocazione professionale e la questione della responsabilità. Si dice che il cinema è la morte al lavoro. Be', con gli attori che crescono, qui il cinema si riprende la vita."
(Silvio Danese, Nazione, 14 febbraio 2014)

Premi e Festival

Orso d'Argento alla Regia al Festival di Berlino 2014
Miglior attrice non protagonista a Patricia Arquette ai Premi Oscar 2015

Rubrica

Tutti hanno lavorato senza contratto poiché in America non è possibile firmare contratti cinematografici della durata di più di 7 anni.

L'attrice che interpreta Samantha è Lorelai Linklater, figlia del regista: pare che intorno al quarto/quinto anno di riprese la ragazza avesse perso interesse verso il progetto e avesse chiesto al padre che il suo personaggio venisse ucciso ma ovviamente Linklater ha rifiutato dicendo che era troppo violento per quello che stava progettando. Lorelei poi ha finalmente riacquistato il suo entusiasmo e ha proseguito con il progetto. Se fosse stato invece il regista a morire davvero nel corso dei dodici anni del progetto, Ethan Hawke avrebbe preso il suo posto dietro la macchina da presa.

Quando sono iniziate le riprese, il film aveva il titolo "The Untitled 12 Year Project" e poi è diventato solo "12 Years". Ma quando il film è finito, Richard Linklater ha cambiato il titolo in "Boyhood", al fine di evitare confusione con "12 anni schiavo" (12 Years a Slave).

La GTO usata nel film appartiene a Richard Linklater.

 

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