La nostra terra

Sala 1 In collaborazione con LIBERA Settimana della legalità a Scandicci

Lunedì, 16 Febbraio 2015

Ambientato in Puglia, racconta la storia di una cooperativa sociale che prova ad avviare un'attività agricola su un terreno confiscato alla mafia. Tra incapacità di gestione e boicottaggi riusciranno i membri della cooperativa, tra loro così diversi, a far decollare l'impresa?

 

Scheda

Regia: Giulio Mandfredonia
Paese: Italia
Anno: 2014
Durata: 100 min
Interpreti: Stefano Accorsi, Sergio Rubini, Tommaso Ragno, Maria Rosaria Russo, Iaia Forte, Nicola Rignanese, Giovanni Calcagno, Silvio Laviano

Trama

Nicola Sansone è proprietario di un podere sottratto negli anni Settanta ai Bonavita, che su questa terra hanno continuato a vivere come braccianti. Il giorno del suo arresto, Nicola si rivolge a Cosimo Bonavita - che con lui sui campi è cresciuto e dove fin da bambino lavora - e gli dice: "Affido a te la terra, nessuno ci deve mettere le mani". Cosimo diventa fedele custode del podere che era della sua famiglia, e va avanti a coltivarlo abusivamente anche quando il terreno viene confiscato dalla Stato e assegnato a una cooperativa che però non riesce - per questioni burocratiche e sottili boicottaggi - ad avviare l'attività. Per questa ragione i soci scrivono a un'Associazione esperta di beni confiscati alle mafie. In loro aiuto viene mandato Filippo, un uomo che da anni fa l'antimafia lavorando in un ufficio, e quindi impreparato ad affrontare la questione "sul campo". Numerosi sono gli ostacoli che Filippo incontra e le paure che deve superare, e spesso deve resistere all'impulso di mollare tutto: lo trattengono il senso del dovere, le strane dinamiche di questa cooperativa di insolite persone cui inizia ad affezionarsi, ed anche Rossana, la bella e determinata ragazza che ha dato il via a tutta l'iniziativa. Non appena le cose iniziano ad andare quasi bene, al boss Nicola Sansone vengono concessi i domiciliari. La situazione degenera; seguono una serie di sabotaggi e di colpi di scena: riuscirà l'antimafia a trionfare? (www.mymovies.it)

Critica

Giulio Manfredonia (Se fossi in te, Si può fare, Qualunquemente) racconta con la sua nuova commedia corale, il lavoro difficile delle cooperative alle quali vengono affidate le terre sottratte alla mafia, realtà già attive da molto tempo, ma mai raccontate al cinema, tanto meno nei modi della commedia. Giocando con i soliti e prevedibili clichè del nord e sud, città e campagna, legalità e illegalità, ordine e disordine, riesce tuttavia nel nobile intento di far passare, soprattutto per un pubblico più giovane, concetti non banali sulla radicata ottusità della connivenza, sul modo in cui ragionare “come la mafia” sia tanto deleterio quanto facile, sulle ragioni di un male nazionale.  

Rubrica

Incontro con il cast di La nostra terra, oltre al regista e i due protagonisti, sono intervenuti anche il produttore Lionello Cerri e alcuni dei protagonisti come Maria Rosaria Russo, Iaia Forte, Nicola Rignanese, Tommaso Ragno, Michel Leroy, Silvio Laviano, Giovanni Esposito, Massimo Cagnina e l'autore delle musiche Mauro Pagani. Dietro c'è la storia e l'esperienza di “Libera”. Una strana storia di lotta antimafia in cui, come nella tradizione della commedia all'italiana, si equilibrano il regista comico con quello drammatico. Dopo Si può fare, Giulio Manfredonia affronta con La nostra terra un altro film di un gruppo di persone che lavorano in una cooperativa e che è ispirato a vicende realmente accadute. Ed è già Lionello Cerri che prova a dare una definizione a questo progetto: "Vuole rappresentare il mondo del volontariato ed è parte della storia di Libera".

Come si può definire La nostra terra e che gestazione ha avuto?
Giulio Manfredonia: E' stato un film complicato che parla anche di agricoltura, argomento di cui non sapevo nulla. Ed è una storia che ha a che fare con la mafia. La particolarità della vicenda di Libera è quella di una lotta antimafia fatta con il lavoro della terra, la coltivazione delle zucchine. E si tratta anche di persone che mettono in gioco la loro esperienza per dire senza parlare. Il film però ha anche l'ambizione di essere divertente e mostrare anche il lato più comico dietro a iniziative faticose.

Il modo di mostrare il lavoro corale di una cooperativa sembra simile a Si può fare.
Giulio Manfredonia: In effetti l'approccio è stato simile a Si può fare. Prima dell'inizio delle riprese, abbiamo visitato diverse cooperative in Sicilia (Placido Rizzotto) e in Puglia (a Mesagne) ed è proprio a quest'ultima esperienza che questa storia si ispira. Ci siamo fatti raccontare diverse esperienze vissute e poi siamo andati per la nostra strada. L'intento è stato quello di costruire una storia italiana fatta di tante storie.

Cosa conoscevate dell'esperienza di Libera?
Stefano Accorsi: Di Libera conoscevo quello che leggevo sui giornali. E ho anche acquistato qualcuno dei loro prodotti. Poi mi sono maggiormente documentato durante le riprese. E durante la lavorazione, abbiamo affinato anche le caratteristiche del mio personaggio che non aveva l'indole per stare in prima linea.
Sergio Rubini: Da ragazzo, mi ritrovai in macchina con Fellini e Mastroianni. Marcello disse a Federico: "Lo sai che so' du mesi che Marlon Brando sta al camposanto?". E lui gli ha risposto: "A che fare?". E Marcello gli ha detto: "Deve fa' un film su uno che sta lì". Ecco, io sono stato come due mesi al camposanto. Mio nonno era contadino per cui a fare questo film non ho fatto molta fatica. E poi è stata importante la vicinanza con Nicola Rignanese con cui abbiamo parlato la stessa lingua.

Che tipo di rapporto avete avuto con la terra?
Stefano Accorsi: Mi sono portato a casa una zolla, ho comprato un ettaro di terreno e ogni tanto lo dissodo. A parte gli scherzi, amo molto la natura. E nel fare questo film ci si rende conto di quanto possa essere faticoso coltivare la terra.
Giulio Manfredonia: E' stata una lavporazione particolare perché si facevano pause all'aperto con le cicale e anche qualche sorcio. Il camper era nei prati e quindi sentivamo il piacere di stare su un set diverso.
Stefano Accorsi: C'era anche il piacere di andare a casa, in un posto dove i telefoni prendono.
Giulio Manfredonia: E' vero, dove abbiamo girato i cellulari non prendevano.
Maria Rosaria Russo: Prima di girare sono andata sul set a contatto con i contadini e i soci della cooperativa che mi hanno aiutato moltissimo. Volevo vedere cosa significava vivere in campagna prima di trasformarmi in Rossana.

Che tipo di lavoro avete fatto sulle musiche?
Mauro Pagani: Quasi sempre chi fa le musiche viene chiamato tardi, a cose fatte. Leggendo la sceneggiatura ti fai delle idee. Poi di solito, vedi il film ed è tutto diverso. La nostra terra era pieno di caratteri forti, quindi dovevo creare delle musiche che andassero bene per tutti. Ci dovevano anche essere delle assonanze territoriali senza dover ricorrere solo alla pizzica.

Come si gestisce un film corale come questo?
Giulio Manfredonia: Ho la fortuna di lavorare con bravi attori, alcuni dei quali sono anche amici. Sono gli attori che portano idee e la loro profondità dipende da loro. Non penso che sia una cosa giusta scrivere dei personaggi pensando già chi può essere che può interpretarli. Perché poi ci possono essere molti imprevisti, come un attore che deve rinunciare all'ultimo momento. Inoltre mi piacciono quegli attori che fanno un passo verso il personaggio e non viceversa. Il personaggio di Cosimo, per esempio, è ispirato a un ragazzo che abbiamo conosciuto a Casal di Principe.

Avete pensato di portare La nostra terra a qualche festival?
Giulio Manfredonia: Non so se un film debba andare a un festival o no. Mi interessa soprattutto che abbia un pubblico.
Lionello Cerri: Questo film non l'abbiamo fatto vedere appositamente ai selezionatori dei festival. La nostra terra è un film d'autore che ha voglia di lavorare sull'ironia e la commedia, elementi che raramente entrano nei festival. E soprattutto per il cinema italiano è difficile andare a festival italiani. Personalmente sono molto fiero di La nostra terra.

Come scegli di solito i personaggi?
Stefano Accorsi: La cosa divertente di questo mestiere è che è semplice farlo ma difficile descriverlo. I copioni di solito si rivelano da soli e si vedono subito quelli buoni, anche se è difficile trovarli. Non mi piace invece quando ti viene riproposto un personaggio simile a quello che hai interpretato in un film di successo.

Come avete pensato al personaggio del boss?
Tommaso Ragno: Non ho pensato al classico cattivone ma a un personaggio che avesse una simpatia sinistra.
Giulio Manfredonia: Non abbiamo lavorato su un'impronta realistica, ma su un'idea della mafia. Quindi per la figura del boss abbiamo pensato a un uomo di potere e al suo modo di esercitarlo più che a figure realmente esistenti, tipo Riina. (www.sentieriselvaggi.it)

 

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