Un sapore di ruggine ed ossa

Lunedì, 13 Gennaio 2014

Ali ha 25 anni, è grande e grosso, non ha un soldo e con il figlio di 5 anni, che era sinora vissuto con la madre, attraversa la Francia per arrivare in Costa Azzurra, dove vive la sorella, Anna, cassiera in un supermercato. Per guadagnare qualche soldo, comincia a lavorare come buttafuori in una discoteca dove una sera conosce Stephanie, la bella e piuttosto sprezzante addestratrice di orche del parco acquatico di Antibes. Poco dopo una tragedia sconvolge la vita di Stephanie, facendole perdere l'uso delle gambe. Ma Ali non se ne cura e per Stephanie il rapporto con quel gigante allo stesso tempo servizievole e anaffettivo diventa inaspettatamente il gancio che le serve per restare attaccata alla vita, che dopo il trauma le sembra invivibile.

 

Scheda

Regia: Jacques Audiard
Paese: Belgio, Francia
Anno: 2012
Durata: 120 min
Attori: Marion Cotillard, Matthias Schoenaerts, Céline Sallette, Bouli Lanners, Corinne Masiero

Trailer: http://www.mymovies.it/film/2012/rustandbone/trailer/

Critica

 

Dopo il Grand Prix a Cannes e il successo internazionale con Il Profeta, questo è il ritorno alla regia del regista francese Jacques Audiard (Un Heros tres discret, Tutti i battiti del mio cuore, Sulle mie labbra). Il film è basato sull'omonima raccolta di racconti di Craig Davidson. Presentato lo scorso maggio in cincorso al Festival di Cannes è poi uscito nello stesso giorno nelle sale francesi.
Ecco come il regista sintetizza il suo sforzo: "il film, in realtà, racconta di personaggi alla deriva, di tempi di crisi, di come in questi tempi la società sembri scivolare nella barbarie, di gente che cerca da mangiare nella spazzatura. In questi tempi, l’unica cosa che resta è il corpo, la forza fisica. Non è più tempo di parole. Anche se alla fine, sarebbe meglio utilizzare le parole" (Jaques Audiard).
Dall´omonima raccolta di racconti di Craig Davidson, un cinema che sembra di vedere in uno stato di continua immersione. un melodramma che sprigiona brutalità, rabbia, disincanto e tenerezza. Strepitosa Marion Cotillard ma ottimo anche Matthias Schoenaerts. C´è qualcosa sempre sul punto di esplodere nel cinema di Jacques Audiard: un gesto, un dettaglio, una frase. Come se la macchina da presa catturasse, anzi aspirasse, tutto quello che ha davanti e come se non filtrasse tutta la spinta emotiva che i suoi personaggi provano in quel momento. Dallo stratosferico finale di Il profeta, Un sapore di ruggine e ossa, clamorosamente escluso dal Palmarès del 65° Festival di Cannes, riprende quella gestualità di nuove rinascite, di cui questo film è pieno. Ricerche di aria contaminata da frequenti squarci sonori, di luce che filtra all´improvviso dalle fessure dei luoghi e sospende un melodramma che sprigiona brutalità, rabbia, disincanto e tenerezza. Dall´omonima raccolta di racconti di Craig Davidson, Audiard traccia certamente decisive linee narrative (l´arrivo del protagonista dalla sorella, gli incidenti drammatici) ma poi da qui si libera qualcos ´altro, un momento prevedibile che poi diventa continua rivelazione, ritorna su una sessualità selvaggia dove però si sentono tutti i battiti del (suo) cuore, su alcuni luoghi (le scene in discoteca da Sulle mie labbra, chiusa come il carcere di Il profeta, gabbia di suoni e di luci come solo Michael Mann e James Gray sanno filmare) e riesce nel miracolo di non sprecare mai un ralenti, come quello della monetina. Condannati alla staticità, le figure del cinema di Audiard aspirano al movimento, cambiano in continuazione. Le loro mutazioni sono determinate dalle loro azioni e/o incontri. Lui, Ali, ha un figlio di 5 anni. Senza soldi e fissa dimora va dalla sorella ad Antibes. Lei, Stephanie, è istruttrice di orche. Si incontrano una sera in discoteca dopo una rissa dove lui fa il buttafuori. Dopo averla accompagnata a casa, si separano. Ma dopo un evento tragico tornano a riunirsi. La luce dal buio. Al di sopra delle profondità che diventano sinonimo di provvisoria salvezza. Qui gli sguardi catturano dettagli come accumuli e determinano il passaggio dalla felicità alla tristezza, dalla gioia al dolore, dal riscatto all´abbattimento. Marion Cotillard produce tutta una densità di emozioni incontrollabili. Si avvertono, si sentono tutti addosso in un cinema che tocca prima la pelle, dove l´inquadratura è subito scontro, collisione e i combattimenti di Ali mettono a fuoco una fisicità dove il contatto (la rissa, il sesso), ma anche il sangue, il sudore, producono un ´energia devastante. Un sapore di ruggine e ossa sembra di vederlo come continuamente immersi. Sotto l´acqua, al di là della vita. Da qui gesti falliti (il ritardo con cui Ali va a prendere il figlio a scuola), ma soprattutto fiammanti ritorni dall ´inferno: Stephanie sulla terrazza che, sullo sfondo della stessa canzone, riprende i movimenti che faceva durante lo spettacolo con le orche è da brividi così come il contatto con l ´animale attraverso il vetro. Ma la Cotillard diventa anche corpo unico con l´ottimo Matthias Schoenaerts. Lui con lei sulle spalle, in mare quando ricomincia a nuotare. Come Lioret in Tutti i nostri desideri. Reimpossessarsi, riappropriarsi del tempo che resta o che ricomincia. Dove il melodramma va a fuoco con la sporcizia della terra, della legna che brucia, dove una delle frasi del primo incontro "Ti sei vestita come una puttana" è già uno squarcio di disperato romanticismo. Un cinema che, potrebbe allinearsi al Tavernier più istintivo ma poi lo oltrepassa e quasi lo duplica (Simone Emiliani, 4/10/12, Sentieri selvaggi)

Cannes, 2012: da una parte i corpi di Amour, anziani, asciutti, svuotati, come sculture di Giacometti o Brancusi. Dall’altra quelli di Reality, spesso sovrappeso, in assemblea in cucina, capaci di trarre motivo di felicità da tutto: una frittella o un centro commerciale. Pieni di vita e refrattari alla cultura. Da una parte la colta borghesia in via d’estinzione che trasuda civiltà e tramonto, dall’altra un’ansia animale di vita e di sogno che riesce a fare anche del lager del Grande Fratello un eden da desiderare. Da una parte una forma senza più vita, dall’altra solo vita e niente forma, niente bellezza. Possibile non ci sia nulla in mezzo? Audiard è proprio quell’autore solitario e spericolato che riesce a fare la spola tra la rassegnazione e il desiderio, tra i corpi che si spengono e quelli che sbocciano, tra l’energia rabbiosa delle braccia e la mutilazione dei femori, tra le ossa che si assottigliano e arrugginiscono e quelle che errano o crescono, smarrite e indifese, come accade nel suo bellissimo film dove un pugile con bambino, senza bussola e lavoro, trova la felicità e il suo posto nel mondo incontrando una donna senza più gambe. È straordinario come Audiard sappia fare uso delle pure sembianze fisiche della violenza e dell’amore per raccontare che in un mondo senza futuro, senza economia, senza protezione, l’unica certezza sia la capacità di usare il proprio corpo e i propri sentimenti senza guardare in faccia nessuno. Il profeta –uno dei film più belli degli ultimi anni – era un romanzo di formazione annidato in un prodigioso film carcerario, Un sapore di ruggine e ossa è una favola naturalista che, come quello, ha il coraggio di persuaderti di ciò che nessuno osa neanche più sospettare: chiunque ha il diritto di cambiare il proprio destino. Prossimità tattili, epidermidi sfocate e incandescenti, inquadrature e montaggio che non defibrillano un occhio prensile e reattivo come il suo protagonista, che svirgola sul mondo come una goccia su una roccia (chi è capace di filmare un’orca che strappa gli arti di un individuo in modo così minaccioso ed ellittico?), protesi e percosse, periferie e tangenziali, spiagge e cortili, acqua e sangue: un cinema che lavora a mani nude, con le nocche scheggiate, sulla sensualità e il dolore, senza preavviso, perché questa, forse, è l’unica vera forma della vita, l’unica misteriosa chance della bellezza. (Di Mario Sesti - FilmTV n. 40/2012)

Premi e Fesival

13 nominations e 4 Premi ai Cesar 2013: miglior attore esordiente Matthias Schoenaerts, miglior sceneggiatura non originale, miglior colonna sonora e miglior montaggio. 1 nomination ai David di Donatello, 2 ai Bafta e 2 ai Golden Globes 2013

Note

in collaborazione con CUI  - I ragazzi del sole

 Rubrica

TERZO ADATTAMENTO LETTERARIO PER AUDIARD Quando il regista Jacques Audiard e lo sceneggiatore Thomas Bidegain hanno deciso di lavorare al loro nuovo film, la scelta è ricaduta sulla raccolta di racconti Ruggine e ossa dello scrittore Craig Davidson. Per Audiard si è trattato di lavorare per la terza volta, su sei film realizzati in carriera, a un adattamento di un'opera letteraria, dopo aver portato sullo schermo Triangle di Teri White in Regarde les hommes tomber e Un héros très discret di Jean-François Deniau nell'omonimo film (Un héros très discret). Ruggine e ossa di Davidson ha colpito il regista poiché presenta al suo interno la descrizione di un mondo moderno vacillante, in cui gli Stati Uniti sono rappresentati come un universo razionale e gli esseri umani sono in lotta per trovarvi un proprio posto e smarcarsi dal destino, amplificato da drammi o incidenti, a loro riservato.


UN MELODRAMMA ESPRESSIONISTA Ali e Stephanie, i protagonisti del film, non appartengono però ai personaggi della raccolta di Davidson: la loro storia prende semmai spunto da essa per la forza e la brutalità del contesto della narrazione, che da dramma viene sublimata in melodramma attraverso una scelta che Audiard stesso definisce visivamente "espressionista". La realtà circostante, descritta con un'estetica di contrasti brutali e violenti, dal regista viene resa combinando un forte realismo a un'oscurità da trincea. Così facendo, in Un sapore di ruggine e ossa si riflette un mondo violento e sull'orlo del disastro economico, in cui i due protagonisti vivono la loro quotidiana guerra per la sopravvivenza della loro storia d'amore e per uscire dalla loro disperata situazione.


PICCOLE BUGIE DA SET Un curioso aneddoto lega la protagonista Marion Cotillard, premio Oscar per La vie en rose, alla realizzazione del film. Nonostante in Il Cavaliere Oscuro - Il ritorno la Cotillard avesse un piccolo ruolo, la produzione del blockbuster di Nolan aveva vietato per contratto a tutti gli attori del cast di assumere altri impegni in contemporanea con le riprese. Per interpretare il film di Audiard, l'attrice ha mentito sulla data delle riprese e la stessa produzione francese ha dovuto avviare il tournage in gran segreto.