Father and Son

Sala 1

Lunedì, 23 Marzo 2015

Un giorno Ryota, un uomo che si è guadagnato tutto ciò che ha con il duro lavoro, e la moglie Midori ricevono una telefonata inaspettata dall'ospedale in cui sei anni prima è nato il figlio Keita. Con stupore apprendono che ai tempi vi fu uno scambio di neonati e che Keita non è il loro figlio naturale. Da quel momento, Ryota è costretto a fare i conti con una decisione che potrebbe cambiare per sempre la sua esistenza.

 

Scheda

Regia: Hirokazu Koreeda
Paese: Giappone
Anno: 2013
Durata: 120 min
Interpreti:  Masaharu Fukuyama, Machiko Ono, Yoko Maki, Lily Franky, Jun Kunimura, Shogen Hwang, Keita Ninomiya, Isao Natsuyagi, Kirin Kiki

Trama

Un giorno Ryota, un uomo che si è guadagnato tutto ciò che ha con il duro lavoro, e la moglie Midori ricevono una telefonata inaspettata dall'ospedale in cui sei anni prima è nato il figlio Keita. Con stupore apprendono che ai tempi vi fu uno scambio di neonati e che Keita non è il loro figlio naturale. Da quel momento, Ryota è costretto a fare i conti con una decisione che potrebbe cambiare per sempre la sua esistenza: scegliere tra il figlio che ha cresciuto come tale e quello che invece gli appartiene per natura. Inizierà così a rimettere in discussione anche se stesso e il tipo di padre che è stato.

Critica

Il giapponese Kore-Eda conferma le qualità artistiche di cui ha sempre dato prova con questa esplorazione splendidamente misurata di un dilemma che mira dritto al cuore dell'uomo. La bellezza, ci insegna definitivamente, non è una questione estetica, non nasce dai tagli, dalle luci, dalle musiche, come fosse una formula matematica da ritrovare nel rapporto tra i piani, ma si crea quasi magicamente nell'attimo in cui riconosciamo in un'altra immagine/volto/corpo, il segreto delle nostre emozioni e delle nostre relazioni.

Con la leggerezza della grande scrittura, l'abilità di costruire un'architettura perfetta nel bilanciare il peso di azioni e reazioni tra i due nuclei familiari coinvolti (il regista ha affermato di essere partito con questo film per un viaggio dentro se stesso, riconoscendosi nelle questioni personali di Ryota, che nella finzione è appunto un architetto) e con un cast in grado di conferire all'opera un valore aggiunto altissimo, Kore-Eda non si lascia mai tentare dal richiamo del melodramma, che è nelle corde del soggetto ma non nelle sue, e mantiene un registro contenuto ma attento ai particolari e ai piccoli incidenti del vivere, nel quale le belle idee sono silenziosamente numerose e nulla è mai di troppo.

Il senso stesso dell'identità, che per il regista si traduce spesso nel rispecchiamento generazionale tra padri e figli, qui viene invertito nel tradimento della prossimità biologica da parte della prossimità esistenziale

La linea biologica del sangue si contrappone a quella affettiva dell'esistenza e nel quadro offerto dal fatto di cronaca cui s'è ispirato, il regista sembra quasi trovare le coordinate per teorizzare e risolvere il conflitto di base del suo cinema. “Quello della famiglia non è l’unico soggetto sui cui mi concentro” ha raccontato in occasione del festival francese il regista, “ma è vero che sono molto legato ad esso. Si tratta di un tema che mi piace esplorare. Sono diventato padre e ho perso i miei genitori, per cui è abbastanza naturale che esamini questo tema nei miei film. Ho iniziato con un personaggio che ha un orgoglio molto forte e ho voluto creare un contrasto. Volevo arrivare a generare uno sconvolgimento nel suo sistema di valori, che è il motivo della seconda famiglia, che ha una forte identità”.
Nel film non c’è intenzione di dare un giudizio sulle due famiglie: “Mi sono concentrato sul personaggio principale, volevo creare un contrasto tra quest’ultimo e il padre dell’altra famiglia. Un padre è vincente, l’altro è un perdente” - ha spiegato il regista. Ha dichiarato inoltre di non aver voluto rappresentare due classi sociali giapponesi: “non volevo mostrare la differenza di classe sociale, ma due famiglie diverse. Volevo un padre che fosse motivo di shock per il personaggio principale, che fosse il suo opposto. Ecco perché ho scelto l’altra famiglia, per mostrare due aspetti della società giapponese, ma non era questo lo scopo reale del film, piuttosto volevo trovare un personaggio diverso da quello principale, che invece è concentrato sul successo a tutti i costi”.

E' stato chiesto al regista se ci fosse una connessione diretta con uno dei suoi film più noti, After Life (1999) nella filosofia di Father and Son, specialmente per quanto riguarda la sequenza finale del film: “Non ho pensato ad After Life mentre giravo questo film, ma la domanda mi fa pensare al momento in cui dovevo decidere come terminare il film. Nella scena finale le due famiglie si incontrano davanti ad un negozio e non sappiamo chi sia il padre di chi, o il figlio di chi. È una scena ambigua, forse l’inizio di qualcosa, un nuovo tipo di gentilezza”.

Il regista ha poi spiegato di aver voluto fare un film con due bambini: “la mia storia è ispirata alla personalità dei due bambini. Le improvvisazioni infinite, i momenti fugaci a volte danno al film un tono documentaristico. Abbiamo catturato momenti che durante le riprese non consideravamo importanti”.

L’attore principale, Masaharu Fukuyama, si è trovato inizialmente preoccupato dal ruolo che doveva interpretare: “io non sono un padre ed ero preoccupato dal dover interpretare questo ruolo. Ma Hirokazu Kore-Eda mi ha detto che questa è la storia di qualcuno che deve imparare a diventare padre e questo mi ha avvicinato al ruolo”.

Premi e Festival

Premio della Giuria Festival di Cannes 2013 

Curiosità

Dopo che Steven Spielberg lo vide a Cannes (dove era il presidente della giuria), la DreamWorks ha acquisito i diritti del film per farne un remake.
La trama di questo film, inoltre, ricorda quella del film francese Il figlio dell'altra: due famiglie, una israeliana e una palestinese, scoprono che i loro figli sono stati scambiati alla nascita.