Bangla

Sala 1

Lunedì, 04 Novembre 2019

Phaim è un giovane musulmano di origini bengalesi nato in Italia. Vive a Torpignattara, lavora e suona in un gruppo. Proprio in occasione di un concerto incontra Asia. Tra i due scatta l'attrazione e Phaim dovrà cercare di capire come conciliare il suo amore con la prima regola dell'Islam: la castità prima del matrimonio.

 

Scheda

Regia: Phaim Bhuiyan
commedia
Italia 2019
Durata: 84'

Con: Carlotta Antonelli, Phaim Bhuiyan, Alessia Giuliani, Milena Mancini

Citazione

Mi chiamo Phaim, ho 22 anni e anche se mi vedete un po' negro in realtà sono italiano. Diciamo più una via di mezzo, tipo cappuccino. 50% banlga, 50% Italia e 100% torpigna! 

 

Trailer

https://www.mymovies.it/film/2019/bangla/trailer/

 

Critica

Phaim Bhuyian, al suo esordio nel lungometraggio dietro e davanti alla macchina da presa nonché come co-sceneggiatore, offre un'opera prima interessante e divertente al contempo.
Invece di premere sull'acceleratore del dramma relativo all'integrazione delle 'seconde generazioni' di immigrati (nati e cresciuti in Italia) si cimenta con la commedia dai tratti autobiografici. Il tema era già stato trattato in Sta per piovere di Haider Rashid. Qui però la focalizzazione si colloca su un piano differente.
Phaim, come molti suoi coetanei maschi, non ha un rapporto semplice con l'altro sesso che da un lato l'attrae e dall'altro lo intimorisce. Se a questo si aggiungono le regole coraniche la situazione ovviamente si complica. Phaim Bhuyian e Carlotta Antonelli si incontrano e si confrontano con la complessità e la leggerezza che i reciproci ruoli richiedono.
Quello dei rapporti tra concezioni di vita culturalmente molto distanti è un tema che andava affrontato dal nostro cinema anche con questa cifra stilistica. È ovviamente ancora presto per una valutazione certa ma tutto lascia sperare che Bhuyian possa tornare a scrivere e a dirigere un'altra opera. La buona qualità già emerge in questa occasione dove dimostra di saper gestire anche i personaggi secondari evitando le caratterizzazioni eccessive. (mymovies)


Ci sono le ombre assertive e scanzonate del primo Nanni Moretti, siccome Ecce Bangla. Si avverte lo stream of consciousness à la Paterson, almeno a dar retta al regista. Ci sono, quantomeno si vedono, le influenze familiari di East Is East e le geometrie di coppia di (500) giorni insieme. C'è, sopra tutto, nitore acuto e calmo furore di Phaim Bhuiyan, che scrive e si dirige in una commedia sentimentale al tempo, e nei modi, delle seconde generazioni. Diciamolo subito, Bangla è un piccolo grande film, in cui la povertà dei mezzi è ricchezza ideale, sprone creativo, libertà d'espressione: se le dimensioni contano, anche quelle produttive, qui Tim Vision e Fandango, di più conta il divario tra promessa e fine, premesse e svolgimento, che il ventiquattrenne italiano di origine bengalese Bhuiyan appiana facilmente e felicemente. [...] (Federico Pontiggia, La Rivista del Cinematografo)


50% bangladesh, 50% italiano, 100% Torpigna. Phaim Bhuiyan è un 22enne romano, immigrato di seconda generazione, che sa fare il regista cinematografico meglio di centinaia di "colleghi" italiani da quattro generazioni. Nessuna polemica politica, ma tanto cinema divertente e spassoso. Così se melting pot deve essere, melting pot sia proprio come Bangla. (Davide Turrini, Il Fatto Quotidiano)


In gran ritardo rispetto ad altri paesi, anche in Italia arriva un cinema fatto da cittadini di seconda o terza generazione, figli di immigrati che raccontano loro stessi e il nostro paese. C'era stato qualche anno fa Per un figlio di Suranga Katugampala, che rispettava le regole del cinema da festival, e adesso l'esordio del ventitreenne Phaim Bhuiyan si propone invece come operazione commerciale, come tentativo di rinfrescare la commedia giovanilista romanesca. L'autore (protagonista, co-sceneggiatore e regista), autore di video su YouTube, si è fatto conoscere grazie a un servizio sulla trasmissione di Rai 2 Nemo in cui raccontava le proprie difficoltà legate all'amore e al sesso per un musulmano di una comunità integrata ma molto legata alle tradizioni, nel quartiere di Torpignattara, il più multietnico di Roma "da quando Piazza Vittorio è diventata tutta precisa". In particolare, nel film il problema è il sesso prematrimoniale, proibito ai musulmani (come, in teoria, anche ai cattolici). La storia è dunque autobiografica: il protagonista ("50% bangla, 50% italiano, 100% Torpigna") si innamora di un'"italiana", di famiglia intellettuale e benestante, e si trova in difficoltà non solo con lei e con il suo entourage, ma ovviamente anche col proprio ambiente di provenienza. Il giovane è diviso a metà: inserito nel quartiere (popolato, dice lui, da tre categorie: hipster, stranieri e vecchi), suona in una band che fa cover etniche, espone i propri dubbi a un perplesso imam, e la ragazza fa esplodere tutte le contraddizioni. In linea con certe produzioni Fandango, con abbondante voce fuori campo, montaggini rapidi, qualche ralenti, osservazioni minute della vita quotidiana; insomma, un'aria conciliante e bonaria che dà conto di una normalità, pur non semplice da gestire. Niente di nuovo, ma la scelta dell'ambiente basta a dare un po' di novità, e si sente che molti dettagli e molte osservazioni sono freschi, di prima mano. Non tanto le parti sulla famiglia d'origine, che ricordano gli stereotipi della commedia etnica, quanto quelli sugli "italiani" (i genitori di lei interpretati da Pietro Sermonti e Alessia Giuliani): molto brava anche la giovane coprotagonista, Carlotta Antonelli). In fondo, per fare commedie più aggraziate della media, bastava guardare a una nuova realtà e trovare personaggi e ambienti non ancora usurati. E all'operazione contribuisce in maniera determinante la simpatia del giovane protagonista, col suo gergo e il suo accento romanesco, che si aggira stupito e stranito, ma in fondo non troppo a disagio, a cavallo tra due mondi.
Da La Repubblica, 16 maggio 2019 In gran ritardo rispetto ad altri paesi, anche in Italia arriva un cinema fatto da cittadini di seconda o terza generazione, figli di immigrati che raccontano loro stessi e il nostro paese. C'era stato qualche anno fa Per un figlio di Suranga Katugampala, che rispettava le regole del cinema da festival, e adesso l'esordio del ventitreenne Phaim Bhuiyan si propone invece come operazione commerciale, come tentativo di rinfrescare la commedia giovanilista romanesca. L'autore (protagonista, co-sceneggiatore e regista), autore di video su YouTube, si è fatto conoscere grazie a un servizio sulla trasmissione di Rai 2 Nemo in cui raccontava le proprie difficoltà legate all'amore e al sesso per un musulmano di una comunità integrata ma molto legata alle tradizioni, nel quartiere di Torpignattara, il più multietnico di Roma "da quando Piazza Vittorio è diventata tutta precisa". In particolare, nel film il problema è il sesso prematrimoniale, proibito ai musulmani (come, in teoria, anche ai cattolici). La storia è dunque autobiografica: il protagonista ("50% bangla, 50% italiano, 100% Torpigna") si innamora di un'"italiana", di famiglia intellettuale e benestante, e si trova in difficoltà non solo con lei e con il suo entourage, ma ovviamente anche col proprio ambiente di provenienza. Il giovane è diviso a metà: inserito nel quartiere (popolato, dice lui, da tre categorie: hipster, stranieri e vecchi), suona in una band che fa cover etniche, espone i propri dubbi a un perplesso imam, e la ragazza fa esplodere tutte le contraddizioni. In linea con certe produzioni Fandango, con abbondante voce fuori campo, montaggini rapidi, qualche ralenti, osservazioni minute della vita quotidiana; insomma, un'aria conciliante e bonaria che dà conto di una normalità, pur non semplice da gestire. Niente di nuovo, ma la scelta dell'ambiente basta a dare un po' di novità, e si sente che molti dettagli e molte osservazioni sono freschi, di prima mano. Non tanto le parti sulla famiglia d'origine, che ricordano gli stereotipi della commedia etnica, quanto quelli sugli "italiani" (i genitori di lei interpretati da Pietro Sermonti e Alessia Giuliani): molto brava anche la giovane coprotagonista, Carlotta Antonelli). In fondo, per fare commedie più aggraziate della media, bastava guardare a una nuova realtà e trovare personaggi e ambienti non ancora usurati. E all'operazione contribuisce in maniera determinante la simpatia del giovane protagonista, col suo gergo e il suo accento romanesco, che si aggira stupito e stranito, ma in fondo non troppo a disagio, a cavallo tra due mondi.
(La Repubblica, 16 maggio 2019)

 

Premi e festival

- Premio per Miglior commedia ai Nastri d'Argento 2019

- Evento speciale alla XVI edizione di 'Alice nella città' (2018), sezione autonoma e parallela della festa del cinema di Roma.