Bellas mariposas

Lunedì, 16 Dicembre 2013

Cate abita in un appartamento fatiscente della periferia di Cagliari e sogna di fare la cantante, non vuole finire come sua sorella Mandarina, rimasta incinta a tredici anni, o come Samantha, la ragazza oggetto del quartiere. Solo Gigi merita il suo amore, anche se è figlio di una rockettara e non ha ancora capito come gira il mondo.

 

Scheda

Regia: Salvatore Mereu
Paese: Italia
Anno: 2012
Durata: 100 min
Attori: Sara Podda, Maya Mulas, Davide Todde, Simone Paris (II), Luciano Curreli, Micaela Ramazzotti, Anna Karina Dyatlyk, Maria Loi, Susanna Mantega, Giulia Coni, SilviaConi, Rosalba Piras, Carlo Molinari, Enrico Sanna, Luca Sanna, Gianluca Lai, Roberto Voce

Trailer: http://www.mymovies.it/film/2012/bellasmariposas/trailer/

Trama

La notte del 3 agosto, in un popolare quartiere di Cagliari, l'undicenne Cate (Sara Podda) è risvegliata dalle urla di una condomina, che accentuano il desiderio della ragazza di andar via da quella casa, dai problemi della sua numerosa famiglia e dalla tirannia del padre (Luciano Curreli). Non volendo finire come la sorella Mandarina (Silvia Coni), rimasta incinta a tredici anni, o come Samantha (Anna Karina Dyatlyk), ragazza oggetto del quartiere, Cate si tiene lontana da certi "giochi" ed è innamorata del vicino di casa Gigi (Davide Todde), la cui vita è in pericolo. Con lo scorrere delle ore, infatti, Cate apprende che suo fratello Tonio (Simone Paris) quella stessa sera vuole uccidere Gigi. Intenzionata a fermarlo, nell'attesa che arrivi l'ora stabilita trascorre la giornata con l'inseparabile amica Luna (Maya Mulas), con cui vive diverse avventure al mare e tra le vie della città. Quando ormai tutto sembra essere scritto, a cambiare il corso degli eventi dal nulla compare la coga Aleni (Micaela Ramazzotti), una bellissima strega che legge nel futuro delle persone.

Critica

"Quasi come una confessione. Sguardo in macchina e voce fuoricampo. Il flusso dei pensieri si incrocia, combacia e si contraddice con quello che accade in Bellas mariposas, dal romanzo omonimo di Sergio Atzeni, un giorno nella vita di due adolescenti, Cate e Luna. Un viaggio nella periferia semideserta di Cagliari, tra palazzoni ingombranti e la spiaggia, ma anche nei loro desideri, provocazioni e ammiccamenti sessuali e negli ombrosi spaccati familiari. Potrebbe essere come un film in soggettiva, contaminato da uno sguardo in cui il realismo quotidiano diventa visionario, con la luce del giorno e il buio della notte che trasformano ogni inquadratura, trasportando lo spettatore in un universo magico come nella sorprendente apparizione di Micaela Ramazzotti nei panni di una veggente. Il film di Mereu non si ferma davanti a niente, si pone come una sfida anche estrema e anomala nel panorama italiano e qui unisce idealmente tutti i suoni dell’adolescenza dell’ottimo Sonetàula con l’esperimento/laboratorio di Tajabone. Solo nel finale qualcosa si rompe con un’allegoria forse stonata che però, proprio nel suo limite, conferma come quel frammento di vite delle protagoniste e lo sviluppo dell’opera siano in simbiosi. E in questo senso il cinema del regista sardo mette davvero in campo tutte le forze che ha, confermando la coerenza di un itinerario che si rifiuta di seguire strade già percorse". (di Simone Emiliani, FilmTV n. 46/2012

Premi e festival

Alla 69' Mostra del cinema di Venezia ha vinto il premio "Schermi di qualità" nella sezione Orizzonti.

Rubrica

È il 6 settembre 1995 quando nel mare di Carloforte un'onda pone fine alla vita del quarantatreenne scrittore Sergio Atzeni. E sarà il 6 settembre quando alla 69ª Mostra del Cinema di Venezia sarà presentato in concorso nella sezione Orizzonti Bellas Mariposas, il film che il regista Salvatore Mereu ha tratto dall'omonimo racconto di Atzeni pubblicato postumo nel 1996 dalla casa editrice Sellerio di Palermo. Il compito di Mereu, da sempre innovativo cantore della sua terra con opere rimaste impresse come Ballo a tre passi e Sonetàula, non era semplice. Il racconto delle belle farfalle di Atzeni si dipana in 30 pagine scritta in soggettiva, dove a ripercorrere tutto ciò che succede durante la calda giornata del 3 agosto è lo sguardo di Cate, adolescente che vive nella "palazzina 47 C di via Gorbaglius quartiere di Santa Lamenera periferia di Kasteddu". Un posto in cui criminalità, droga, sesso e violenza si intrecciano con i sogni, i desideri e gli amori di una ragazzina alla scoperta del mondo. Quello di Cate è un universo descritto con un linguaggio ibrido, in cui italiano e sardo diventano un unicum neorealista: squarci di mare e di città, descritti in poche ma forti righe, ospitano resoconti di amori clandestini, di folaghe e albicocche usate come mezzo di scambio, di padri pezzemmerda e babbasoni, di giovani prostitute e ancora più giovani criminali in erba con pistole sotto braccio e i Levi's da discoteca stretti stretti. In tanta desolazione e miseria umana, a ribaltare il destino di tutti quanti è il fato, la sorte che si presenta sotto le vesti di un personaggio magico e surreale che nel disincanto aiuta le farfalle a prendere il volo. «Quando lessi per la prima volta Bellas Mariposas ne rimasi abbagliato. Tanto dalla trama, lieve e terribile, e dalle modalità con cui essa si dipana, quanto dalla forma, musicale e inusitata, soprattutto nell’adozione spregiudicata della lingua del luogo», racconta Mereu. «Nella letteratura sarda, mi pare, mai tanta grazia e tanta leggerezza si erano coniugate ad accadimenti anche drammatici. Ogni più piccolo episodio della giornata mirabile di Cate e di Luna anche quando sarebbe meritevole, nelle mani di altri, della peggior cronaca, è sempre stemperato da un'ironia sottile e da una capacità di sorridere di se stessi rara nella nostra letteratura e nel nostro vissuto almeno quanto l’intrusione continua della lingua parlata in quella scritta.Atzeni può essere considerato, a buon diritto, l’apripista, il padre della nuova letteratura isolana, per esplicita ammissione anche di coloro che lo hanno succeduto e a cui hanno manifestato dichiaratamente di ispirarsi. Eppure qui sta il paradosso, l’errore più grande: quello di trattare Bellas Mariposas e Sergio Atzeni solo come una faccenda isolana da dibattere tra conterranei. Le zazies di Atzeni (che si aggirano nella città di Cagliari come quella di Queneau faceva a Parigi) potrebbero avere ugualmente vita allo Zen di Palermo, a Scampia, o nelle periferie di Caracas». Per girare il suo film, Mereu ha scelto attori non professionisti reclutati dalla strada: Cate e Luna, le protagoniste principali, sono interpretate da due ragazzine acqua e sapone, Sara Podda e Maya Mulas. Al loro fianco, vi sono attori noti della scena sarda (Luciano Curreli, Rosalba Piras, Maria Loi) mentre l'unico nome conosciuto a tutti è quello di Micaela Ramazzotti, a cui è concessa una breve ma importante apparizione sul finale: è lei la coga Aleni che, muovendosi di notte con un esercito di gatti al seguito, predice il futuro agli abitanti del quartiere. prodotto dalla Viacolvento, società fondata da Mereu con la moglie Elisabetta Soddu, e da Gianluca Arcopinto, con il sostegno del MiBAC, Bellas Mariposas è in attesa di distribuzione. Precedentemente si era parlato di una distribuzione Fandango ma al momento la notizia non trova conferme. (di Spaggy sul blog di filmtv www.cinerepublic.it)

Ha molto coraggio il nuovo film di Salvatore Mereu: Bellas Mariposas è una convinta sfida nel cinema italiano, e anche un audace azzardo produttivo (Gianluca Arcopinto tra i responsabili). Non sempre e non tutto funziona in questa sorta di ronde sarda con spruzzate di realismo magico (e con una fenomenale Micaela Ramazzotti veggente), ma quando va a segno Mereu si conferma uno degli sguardi più singolari e inediti nel nostro panorama, pur allontanandosi decisamente da forma e atmosfere della sua opera più fortunata, il magnifico Sonetàula. Una giornata nella vita di Cate e Luna, entrambe 11enni alla periferia di Cagliari, quasi una reincarnazione bambina delle Lilli Carati e Gloria Guida del perfido Avere vent’anni di Fernando Di Leo: provocatrici in erba, trascorrono le ore ad ammiccare e scherzare pesantemente e pericolosamente con i ragazzi e gli uomini più grandi del quartiere, dell’autobus che le porta in spiaggia, delle strade della città semideserta, e così via. D’altra parte l’intero loro immaginario è governato, quasi ossessionato dal sesso, che riempie i desideri e le azioni dei coetanei che abitano gli stessi palazzoni-alveare, e delle figure di famiglia, fratelli tossici e teppistelli e padri erotomani tra spogliarelli sulle reti private e palpeggiamenti su mezzo pubblico. Quando la massiccia tensione morbosa accumulata dal film sta per esplodere trasformandosi nell’inevitabile gesto inconsulto di violenza (però stavolta non indirizzato alle bambine, ma diretto a Gigi, “l’innamorato” di Cate), Mereu s’inventa una notte surreale dove succede di tutto, e tutte le traiettorie si ribaltano in qualche trovata bizzarra di troppo (si tratta senza dubbio della sezione dell’opera che “tiene” meno), nel tentativo di chiudere la dimensione allo stesso tempo corale e intima di Bellas Mariposas in una specie di allegoria conclusiva e “ferma”. Fortunatamente, per tutta la durata del film Mereu ha la convinzione di non volersi fermare davanti a nulla, e di voler mostrare e tirare in ballo apertamente ogni cosa, con una schiettezza e una benedetta sfrontatezza in quello che finisce letteralmente nell’inquadratura o nei dialoghi che al cinema avevamo potuto incontrare forse solo in alcune commedie messicane o spagnole di qualche anno fa. In questo il regista si dimostra miracoloso nel lavoro con gli attori bambini (come già si poteva riscontrare nel precedente Tajabone, realizzato proprio nel corso di un laboratorio scolastico tenuto da Mereu), più che nelle suggestioni che provengono dalla pagina scritta (di suo pugno), alla quale avrebbe forse giovato la sfrondata di qualche situazione (ad esempio la pessima scenetta con la signora del piano di sopra che defeca cantando a squarciagola nella vasca da bagno alle quattro di notte in compagnia del marito). Ma di Bellas Mariposas interessa in maniera decisamente maggiore tutto l’apparato espressivo, anche complesso con una arzigogolata stratificazione di incessante monologo “a incastro” fatto in faccia alla mdp dalla piccola protagonista, esplorazioni labirintiche del borgesiano microcosmo di periferia che sembra in costante mutamento ed espansione sia verticale che orizzontale, e un certo colorato bozzettismo grottesco di miniritratti in appartamento di famiglia sottosopra. Mereu cerca di stare dietro a questa grossa macchina narrativa che ha imbastito: i piccoli fallimenti dell’esperimento non inficiano l’assoluta e lodevole ambiziosità del tentativo. (Sergio Sozzo, 9/5/13 su www.sentieriselvaggi.it)

Note

prospettiva donna