L'intervallo

Lunedì, 10 Febbraio 2014

Per colpa di uno sgarro al boss camorrista del suo quartiere, la sedicenne Veronica viene presa in ostaggio e trattenuta all'interno di un palazzo abbandonato all'estrema periferia di Napoli, in attesa di essere punita. A sorvegliarla, seppur controvoglia, c'è Salvatore, un coetaneo timido e goffo con cui nelle ore di attesa Veronica instaura un rapporto di complicità e affetto, grazie al grado di fiducia raggiunto tramite lunghe chiacchierate in cui entrambi confidano i loro sogni e le loro paure.

 

Scheda

Regia: Leonardo Di Costanzo
Paese: Italia
Anno: 2012
Durata: 90 min
Attori: Francesca Riso, Alessio Gallo, Antonio Buil, Carmine Paternoster, Salvatore Ruocco

Trailer: http://www.mymovies.it/film/2012/lintervallo/trailer/

Critica

“Un mistero tipicamente italiano. Leonardo Di Costanzo, documentarista napoletano amatissimo in Francia dove il suo lavoro è studiato e apprezzato, è pressoché sconosciuto in patria. I festival internazionali come Parigi e Nyon si contendono i suoi lavori, mentre da noi se ne ignora (quasi…) persino l’esistenza. Scritto in collaborazione con Mariangela Barbanente e Maurizio Braucci, L’intervallo è uno dei titoli italiani più sorprendenti degli ultimi anni. Nonostante alcune incertezze a livello di scrittura, il film, racconto di un breve incontro forzato all’ombra dell’asfittico sistema camorristico, è una ronde sospesa e incantata affogata nelle viscere tufacee di Napoli. 

Mimmo, un ragazzo appena adolescente, è costretto da un boss locale a sorvegliare in un enorme stabilimento disabitato la coetanea Veronica, rea di avere dato retta a un ragazzo appartenente a un clan rivale. Poco alla volta i due mettono da parte la reciproca diffidenza e iniziano a esplorare l’enorme costruzione vuota, dando vita a un gioco di complicità che il sopraggiungere del camorrista riconduce bruscamente alla realtà. Di Costanzo, rispetto ai patentati predicatori liberal, si distingue per il suo sguardo potente e pudico. Evita sermoni e si abbandona alla sensualità di un dialetto napoletano serrato e fascinosamente oscuro. La sua macchina da presa esplora con partecipazione i cunicoli dell’edificio abbandonato evocando i fantasmi della Ortese (il racconto riguardante la bimba morta) e Rossellini (i due ragazzi come un’escrescenza inevitabile dei protagonisti di Napoli 1943, episodio di Amori di mezzo secolo). Oggi, come allora, si vive e si resiste sottoterra. In questo senso il film di Di Costanzo sembra dialogare con il Bertolucci di Io e te e con L’estate di Giacomo di Comodin. E, come tutti i grandi cantori del reale, riesce a commuovere, convincendoci che il mondo, così come lo conosciamo, può anche scomparire per un momento e fare spazio ad altro. E, poi, raramente Napoli è stata filmata meglio in tutte le mille sfumature delle sue “cadenze d’inganno”. (di Giona A. Nazzaro, FilmTV n. 36/2012)

L'intervallo inizia con una considerazione zoologica sulle diverse ragioni che spingono a cantare tipologie differenti di uccelli caratterizzati da un canto molto simile: "...così un canto di sfida può essere confuso con un canto d'amore". Ed è per ragioni d'amore che forse sono spinte da una volontà di sfida, che Veronica si trova prigioniera in un ospedale abbandonato di Napoli simile ad un castello diroccato, guardata a vista da un altro recluso, obbligato con la forza a farle da carceriere per un giorno. I due ragazzi, impossibilitati ad uscire da quel luogo senza senso, vivranno una giornata di vacanza dalla quotidianità che li schiaccia. Scritto appositamente per il cinema, senza basarsi su nessun testo di partenza, girato in fretta e modellato nei dialoghi e nelle inflessioni sulla lingua parlata realmente grazie al contributo e alle piccole improvvisazioni dei due attori protagonisti (scovati e allenati da mesi di "preparazione"), il film di Leonardo Di Costanzo ha il sapore dei prodotti grezzi ed autentici e la complessità visiva del più grande direttore della fotografia che operi in Italia: Luca Bigazzi. Tra fondamenta allagate che paiono mari immensi, giardini trascurati che sembrano boschi colmi d'erbacce e piante non coltivate, rottami a non finire e saloni vuoti in cui solo detriti e calce fanno da mobilio i due ragazzi parlano, si odiano e si rispecchiano l'uno nell'altro fino all'inevitabile confronto finale con la ragione della loro reclusione. Nella favola scritta assieme a Maurizio Braucci non c'è consolazione, solo illustrazione, non c'è eroismo, nemmeno nascosto, solo sottomissione al sistema, per questo è uno dei film più coraggiosi in materia. Per arrivare a questo la scelta del team di autori è di passare attraverso il dramma da camera senza mai avvicinarsi al teatro. Benchè in scena ci siano praticamente sempre solo due attori che parlano tra di loro, L'intervallo riesce a non rimanere ripiegato sulla parola ma con i continui cambi d'ambiente e il fenomenale apporto delle luci di Bigazzi, capaci da sole di raccontare uno stato d'animo, porta nuove idee e rinegozia il senso di ogni scena, in modo da rendere ogni momento superiore alle semplici battute che in esso sono pronunciate.
Nonostante rimanga un film piccolo, per volontà aspirazioni e umiltà, L'intervallo comunque riesce ad arrivare più lontano delle proprie aspirazioni in virtù di una coerenza, di un'onestà e di una fiducia nelle capacità dell'immagine che non sono frequenti”. (di Gabriele Niola, www.mymovies.it)

Premi e Ferstival

Due nomination ai Nastri d' Argento 2013: miglior soggetto / miglior regista esordiente
Premio David di Donatello 2013 come Miglior regista esordiente a Leonardo Di Costanzo

Rubrica

L'intervallo è il primo film di finzione del documentarista Leonardo Di Costanzo. Nato ad Ischia, Di Costanzo vive tra Napoli e Parigi, dove insegna presso gli Atelier Varans, prestigioso centro di formazione di regia documentaria. Autori della sceneggiatura sono invece il napoletano Maurizio Braucci, scrittore e autore della sceneggiatura di Gomorra e Reality di Matteo Garrone, e la barese Mariangela Barbanente, autrice già del documentario L'orchestra di piazza Vittorio e tra gli sceneggiatori della serie televisiva Ris-Delitti imperfetti. Francesca Riso e Alessio Gallo, i due giovani esordienti attori protagonisti, sono stati scelti dopo aver partecipato a un laboratorio di coaching per la recitazione improvvisata. Durato oltre tre mesi e condotto da Alessandra Cutolo e Antonio Calone (da anni organizzatori di attività di animazione teatrale con i ragazzi di strada di Napoli), il laboratorio con la collaborazione del Teatro Stabile di Napoli ha coinvolto un gruppo di ragazzi dei quartieri spagnoli. Tra 200 adolescenti incontrati, una prima scrematura ha portato alla scelta di sei differenti coppie di possibili protagonisti. Solo quando le coppie si erano poi ridotte a due, si è cominciato l'adattamento della sceneggiatura. […] UNA SCENEGGIATURA APERTA: Per scrivere il copione del film, girato in super 16, il regista e gli sceneggiatori hanno cominciato a frequentare i luoghi di ritrovo degli adolescenti napoletani e a parlare con i ragazzi. Così facendo, la sceneggiatura, scritta dapprima in italiano, si è ridotta a una sorta di canovaccio da riadattare in base agli attori scelti, portatori ognuno delle proprie esperienze e del proprio vissuto. In fase di realizzazione, infatti, i giovani attori hanno "indossato" la sceneggiatura - precisa ma lasciata aperta -, coadiuvando la traduzione in napoletano dei dialoghi e fornendo le loro suggestioni per la psicologia dei personaggi. Per non far avvertire la presenza della telecamera sul set e lasciare ai due giovani attori massima libertà di espressione, Leonardo Di Costanzo e il direttore della fotografia Luca Bigazzi hanno scelto di girare, a parte qualche scena notturna, senza luci aggiuntive e con macchina a spalla per adattarsi loro al modo in cui gli attori occupano lo spazio e non viceversa. Il film è stato poi quasi interamente girato all'interno dell'ex ospedale psichiatrico Leonardo Bianchi di Napoli, una struttura di oltre 200 metri quadrati costruita nel XIX secolo e abbandonato da anni. (www.filmtv.it)

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