Salvatore Giuliano

Sala 1

Lunedì, 16 Novembre 2015

Dopo la liberazione della Sicilia, Salvatore Giuliano, già fuorilegge, costituisce una banda ed entra a far parte dell'esercito separatista, sostenendo conflitti a fuoco con soldati e carabinieri. Quando questo esercito viene sciolto, Giuliano rimane isolato con la sua banda ed è costretto a riprendere la sua attività di fuorilegge.

 

Scheda

Regia: Francesco Rosi
Paese: Italia
Anno: 1962
Durata: 107 min
Interpreti: Frank Wolff, Salvo Randone, Federico Zardi, Pietro Cammarata

Trama

Salvatore Giuliano nel secondo dopoguerra forma un esercito separatista che vuole staccare la Sicilia dal resto dell'Italia. Tiene a lungo in scacco i carabinieri, semina il terrore sull'isola e si rende protagonista di molti fatti di sangue come la strage di Portella della Ginestra, quando spara sulla manifestazione dei lavoratori per la ricorrenza del primo maggio. Nel 1950 viene ucciso. Gaspare Pisciotta, ex-luogotenente di Giuliano, che lo ha denunciato, viene assassinato in carcere. 

Critica

Un classico del cinema politico e miglior film italiano sulla mafia. Si tratta di un avvincente film d'inchiesta girato con una modernità espressiva che non ha eguali nel cinema degli anni sessanta: in modo geniale Rosi sceglie di frammentare la narrazione avanti e indietro, seguendo non la cronologia ma i complessi intrecci di causa-effetto tra gli avvenimenti, e di non far vedere mai Giuliano, poiché non è lui il protagonista del film, bensì l'intreccio di interessi tra politica e criminalità nel dopoguerra. Serratissimo e con momenti di cinema cronachistico che diventa epico (le riprese della strage). Come ha raccontato lo stesso Rosi, fu dall'inizio un progetto difficile, sia perché la produzione si vide negare il prestito pubblico (e fu ignorato dalla commissione selezionatrice del Festival di Venezia) sia per le resistenze, una volta sul set, della famiglia Giuliano e della popolazione.  

Premi e Festival

Berlino International Film Festival 1962: Miglior Regia
Nastri d'Argento 1963: Miglior Regia e Miglior Fotografia in bianco e nero 

Del film

"(Il film) rappresenta in realtà un brano di storia italiana che pone al centro del suo discorso il fenomeno della mafia, fenomeno del quale il bandito è uno degli episodi più o meno oscuri, forse neppure il più importante anche se il più vistoso. A Rosi Giuliano serve esclusivamente come punto di riferimento. La logicità storica e la funzionalità espressiva del linguaggio anticronologico dell'opera non si capiscono a fondo se non si tien conto che quel cadavere che nella prima scena appare dall'alto, schiacciato nell'assolato cortile di Castelvetrano è uno dei tanti di una catena da spiegare." (G. Ferrara, 'Francesco Rosi', Canesi Editore, 1965)

Da www.sentieriselvaggi.it
C'è chi guarda alla storia, a fatti e personaggi, come a semplici pretesti per dar sfogo al proprio mondo poetico o per esprimere la propria visione di una data realtà (si pensi a Buongiorno, notte di Bellocchio); c'è chi invece vuole raccontare la storia, capirla, interpretarla, darne una chiave di lettura.
Salvatore Giuliano (a tutt'oggi uno dei migliori film di Rosi) è qualcosa in più: ritornando su fatti recentissimi, di appena dodici anni prima, è un'opera che incide nella (sua) contemporaneità con la stessa immediatezza e veemenza dell'inchiesta giornalistica e assume la duplice valenza di documento e di pamphlet politico. Rosi, infatti, da un lato sceglie di narrare le vicende del bandito Giuliano e della strage di Portella della Ginestra con scrupolo storiografico e dall'altro compie un atto di denuncia, facendo coraggiosamente luce negli oscuri rapporti tra mafia e politica, nei meandri dei segreti di Stato, sino a diventare uno stimolo per la costituzione delle Commisione d'inchiesta sulla mafia.
Finzione e documentario sono mescolati sapientemente, sul racconto cinematografico si innestano materiali fotografici e televisivi in un collage che, dal punto di vista strutturale, ha il suo antecedente più illustre in Quarto potere di Orson Welles (anche se lì tutto si risolveva nell'ambito della finzione).
Ma ciò che più piace di Salvatore Giuliano è che l'esigenza documentaristica e l'impegno civile non portano a rinnegare le esigenze dello spettacolo o a tacere l'emotività del racconto. Rosi è perfettamente consapevole di avere a che fare con un film e lavora sui fatti con mezzi squisitamente cinematografici: così restituisce tutta la tragedia della strage dei braccianti con un bellissimo campo lungo, rende tutto il mistero del personaggio Giuliano non mostrandone quasi mai il volto, sceglie di esaltare drammaticamente il momento dell'assassinio di Gaspare Pisciotta.
Un film bello e coraggioso, un esempio emblematico di come il cinema possa essere uno strumento di intervento diretto sulla realtà. I film di impegno civile diverranno un must del cinema italiano, ma l'opera di Rosi, pur divenendo un modello per numerosi epigoni, per la sua stessa concezione, la modernità nell'utilizzo dei materiali a disposizione, per il suo impatto emotivo, avrà pochissimi eguali: lo stesso regista napoletano proverà a ripetersi, specialmente con Il caso Mattei (1972), ma bisogna guardare soprattutto a certo cinema americano, Tutti gli uomini del presidente in testa.
Paolo Benvenuti tornerà in anni più recenti sulle stesse vicende con Segreti di Stato (2003).