La mia classe

Sala 1 Ospite il regista Daniele Gaglianone

Lunedì, 02 Febbraio 2015

Film di “vera finzione” dove un attore impersona un maestro che dà lezioni ad una classe di stranieri, ognuno con una propria storia e aspettative diverse, a cui interessa imparare l'italiano per ottenere il permesso di soggiorno. Ma durante le riprese la realtà prende il sopravvento e tutti, compresa la troupe, diventano attori di un'unica vera storia.

 

Scheda

Regia: Daniele Gaglianone
Paese: Italia
Anno: 2013
Durata: 92 min
Interpreti:  Valerio Mastandrea, Bassirou Ballde, Mamon Bhuiyan, Gregorio Cabral, Jessica Canahuire Laura, Metin Celik, Pedro Savio De Andrade

Trama

Un attore impersona un maestro che insegna in una classe di stranieri che mettono in scena se stessi. Sono extracomunitari che vogliono imparare l'italiano per avere il permesso di soggiorno e per integrarsi; arrivano da posti diversi e ciascuno porta in classe il proprio mondo. Durante le riprese però accade un fatto per cui la realtà prende il sopravvento: un permesso di soggiorno scade e uno degli attori è costretto ad abbandonare il set. Il regista dà lo “stop”, ma l'intera troupe entra in campo divenendo tutti attori di un'unica storia in un unico film di “vera finzione”.

Critica

Il nuovo film di Gaglianone (I nostri anni, Nemmeno il destino, Pietro, Ruggine) è un egregio e coraggioso lavoro incentrato sul problema dell'immigrazione e sulle difficoltà dell'integrazione sociale nel nostro paese. La soluzione meta-cinematografica messa in atto non era affatto studiata, è stata conseguenza degli eventi reali che hanno accompagnato e condizionato il film rendendolo sperimentalmente una sorta di processo dialettico a se stesso: un film che si chiede come agire politicamente nel mondo, come affrontare un problema preciso e come filmarlo; aprendo in questo modo una riflessione sulla necessità, per chi vuole seguire la strada del cinema sociale, di non staccarsi mai dal reale. 

Premi e Festival

Presentato alle Giornate degli Autori della 70ª Mostra internazionale di Venezia 2013, è stato giudicato dall'Agis Scuola “particolarmente adatto alla visione nelle scuole per l'alto valore culturale”

Rubrica

Attore e regista de La mia classe presentano il film a Roma.
"Il film uscirà dove vorrà essere proiettato, e quando lo vorrà", dice Gianluca Arcopinto, che non ha intenzione di far stritolare un "piccolo film di sistema" come La mia classe dalla folle logica della distribuzione italiana: "cerchiamo di far girare il film prendendo accordi sala per sala, aspettando le proiezioni per le scuole e le associazioni, tentando di non essere complici della propria stessa morte incaponendosi per una distribuzione ufficiale che duri magari 4 giorni...".
Gaglianone: Per essere un film internazionale, i cui protagonisti fattivamente raccontano il mondo intero, è allo stesso tempo un'opera molto italiana, perciò il successo avuto in queste proiezioni fuoricasa mi ha sorpreso e rassicurato. E' la conferma che la struttura complessa del film, che sulla carta sembrava molto teorica, celebrale, sullo schermo si è tradotta in maniera semplice, diretta. Mastandrea: quello che volevamo raccontare alla fine non è centrato sull'immigrazione, sull'idea dell'istant movie, sull'integrazione, quanto su una domanda che si chiede spesso chi, come me o Daniele o Gianluca Arcopinto, si pone in maniera critica in confronto al lavoro che va compiendo da anni: qual è l'utilità del cinema, di quello che stiamo facendo? Girare film non basta, o forse non basta più, il cinema non serve a nulla. Quando dico questa cosa nel film, a Venezia è scattato l'applauso in sala a scena aperta...

Valerio Mastandrea, tu sei anche uno dei produttori del film, oltre ad essere l'unico attore professionista in scena, e la voce a cui è affidato il racconto in chiusura dell'opera. Quanto ti ha impegnato la sfida di questo set?
Mastandrea: avendo deciso di essere sempre in scena, questo è stato un film da cui non mi scollavo neanche tornando a casa alla fine delle riprese, una cosa che mi riesce sempre comunque difficile, in ogni set. E' stato devastante. Ho lavorato tante volte con i non professionisti e sono una benedizione, ti aiutano ad uscire dalle trappole del mestiere reiterato. In questo caso, anche io e Daniele, e il cast tecnico tutto, ci siamo posti prima come esseri umani in questa avventura, e poi come "professionisti".

Gaglianone: nel finale, durante quella sorta di racconto/sogno che fa Valerio, è infatti difficile per lo spettatore capire se a farlo sia il personaggio-maestro, o l'attore Mastandrea. I due livelli sono ormai del tutto fusi tra di loro. Anche mentre davo indicazioni alla troupe ad un certo punto i miei collaboratori non capivano più se li stessi dando come il regista-personaggio o se fossero effettive note di regia. In sala di montaggio avevo paura a rivedermi in scena, ma era necessario, ad esempio per far funzionare quella miccia esplosiva della discussione con la classe al momento della "espulsione" di Issa.

Mastandrea: ancora oggi mi è appunto difficile riuscire a parlare di questo ruolo come di un "personaggio"!

Quello di Daniele Gaglianone è sempre un cinema dove il set assume un'importanza massima, e la mdp ne esplora senza posa i confini come a volerne mappare l'esatta apertura. Qui è come se la realtà volesse in qualche modo irrompere nel movimento di disegno del raggio d'azione della macchina, per spezzarlo. Ma l'occhio del regista alla fine sembra prendersi una rivalsa "inglobando" anche questa intrusione nel movimento, di fatto riappropriandosi di questo imprevisto con i mezzi stilistici del cinema...
Gaglianone: è chiaro, come ha già detto Valerio, che più che all'attualità o al preciso canovaccio del "film sulla scuola", stavamo guardando ad una riflessione sulla natura arcaica, basica, del cinema al giorno d'oggi. Chiamatela un'opera sperimentale, ma non in quell'accezione di "film in cui non si capisce nulla": qui quello che volevamo dire mi sembra invece al contrario del tutto evidente, ancora più di quanto mi aspettassi mentre giravamo o montavamo. Mi sono imbarcato con una grandissima paura di fare un film inguardabile in questo rischiosissimo progetto, che mi è stato portato da Gianluca Arcopinto sulla base di un'idea per una serie tv di Gino Clemente e Claudia Russo, da anni insegnante nei CTP. Per fortuna siamo riusciti a tenere la barra dritta fino alla fine, con una concentrazione altissima e costante. Adesso davvero mi sento pronto a poter girare qualunque cosa. Come nella scena della discussione che ho citato prima: ai ragazzi della classe non era stato raccontato tutto del progetto, e così è venuto fuori questo film di reazione a situazioni minimamente costruite. Anche il sovvertimento intero della sceneggiatura l'abbiamo deciso all'improvviso, d'urgenza, due settimane prima di iniziare a girare. Sì, è un film sulle contraddizioni, ma invece di risolverle in un racconto catartico, le abbiamo messe in scena in maniera diretta, e totale.

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