Hannah Arendt

Sala 2 Giorno della Memoria

Lunedì, 26 Gennaio 2015

Hannah Arendt, intellettuale ebrea-tedesca emigrata negli Stati Uniti nel 1940 per sfuggire alle persecuzioni raziali, nel 1961 segue, quale reporter della rivista New Yorker, il processo tenutosi a Gerusalemme contro il criminale nazista Adolf Eichmann. Su questi resoconti e sul libro "La banalità del male" si innescano furiose polemiche.

 

Scheda

Regia: Margarethe von Trotta
Paese: Germania, Lussemburgo, Francia
Anno: 2012
Durata: 113 min
Interpreti:  Barbara Sukowa, Axel Milberg, Janet McTeer, Julia Jentsch, Ulrich Noethen

Trama

Scappata dagli orrori della Germania nazista, la filosofa ebreo-tedesca Hannah Arendt nel 1940 trova rifugio insieme al marito e alla madre negli Stati Uniti. Qui, dopo aver lavorato come tutor universitario ed essere divenuta attivista della comunità ebraica di NY, comincia a collaborare con alcune testate giornalistiche. Come inviata del New Yorker in Israele, Hannah si ritrova così a seguire da vicino il processo contro il funzionario nazista Adolf Eichmann, da cui prende spunto per scrivere La banalità del male, un libro che andrà incontro a molte controversie.

Critica

Von Trotta recupera una narrazione frontale, dilatando i tempi fino a farli coincidere con quelli del pensiero e costruendo le inquadrature secondo geometrie rigide, impaginando la narrazione sfruttando al meglio le potenzialità dei carrelli e della camera fissa. Una sceneggiatura che adotta il punto di vista privilegiato e convinto della filosofa, per ribadire quanto il male superi l’individuo e lo schiacci sotto il peso di un sistema malato.

“Agire” per Arendt significa «prendere un’iniziativa, incominciare, mettere in movimento qualcosa». Per far capire che ogni azione è un inizio, Arendt adopera un’immagine molto forte, quella della “nascita”, contrapponendosi dunque a tutta la tradizione filosofica precedente centrata sulla figura della morte: quando un essere umano nasce, rompe con l’eterno ritorno dell’uguale perché apre un imprevisto nel mondo. Il solo fatto di nascere dà il via a uno spazio di libertà inedito, simile all’inizio dell’agire. Per questo suo mettere al centro e lavorare alla categoria della nascita la filosofa (che non si è mai definita femminista) è diventata una pensatrice fondamentale per le teoriche del movimento femminista in Italia e nel mondo. Teorizza inoltre che la mancanza di memoria e l’incapacità di avere un dialogo con se stessi – per rielaborare i propri pensieri e le cose che si fanno – possono portare persone tutto sommato ordinarie a compiere azioni terribili e malvagie. 

Premi e Festival

 

Note