Pericle il nero

Sala 1 Settimana della Legalità

Lunedì, 13 Febbraio 2017

Pericle lavora per un boss della camorra emigrato in Belgio. Durante una delle sue tante missioni, commette un grave errore che pregiudica la sua stessa vita. Non ha così altra scelta che scappare verso la Francia. Dall'incontro con Anastasia nasce a poco a poco una storia d'amore, che aiuterà Pericle a prendere consapevolezza della propria identità e a rifiutare le regole del suo mondo di appartenenza.

 

Scheda

Regia: Stefano Mordini
Paese: Italia, Belgio, Francia
Anno: 2016
Durata: 105 min
Con: Riccardo Scamarcio, Marina Foïs, Gigio Morra, Valentina Acca, Maria Luisa Santella, Eduardo Scarpetta, Lucia Ragni, Nissim Renard

Trama

Pericle lavora per un boss della camorra emigrato in Belgio. Durante una delle sue tante missioni, commette un grave errore che pregiudica la sua stessa vita. Non ha così altra scelta che scappare verso la Francia. Qui incontrerà Anastasia, con la quale nascerà a poco a poco una storia d'amore che lo aiuterà a prendere consapevolezza della propria identità e a rifiutare le regole del suo mondo di appartenenza.  

Critica

Unico film italiano in concorso a Cannes 2016 nella sezione “Un Certain Regard”, l'ultimo film di Stefano Mordini (Provincia Meccanica e Acciaio) è tratto dall'omonimo romanzo di Giuseppe Ferrandino e vede Riccardo Scamarcio nei panni di protagonista e co-produttore della pellicola (assieme a Valeria Golino e ai fratelli Dardenne).
Pericle Il Nero è un noir esistenzialista che parte in voice over con la solitudine e l'abisso morale di un personaggio che “di mestiere fa i culi alla gente”, un manovale della malavita, un automa ben poco spirituale che agisce a comando e non conosce né se stesso né alcuna priorità affettiva, fino a svelarne progressivamente il fervente mondo interiore.
«Fa una certa impressione che Mordini abbia spostato l'ambientazione del romanzo di Ferrandino da Napoli a Bruxelles, perché emerge inevitabile un'eco delle cronache provenienti dal Belgio, dipinto dai media come un paese culturalmente fallito, covo di terroristi e di utopie finite a ramengo, di camorra e 'ndrangheta in trasferta, ma pur sempre capitale dell'Europa presunta unita.» (Roy Menarini). 

Rubrica

Nel 1993 Giuseppe Ferrandino, tra i più noti sceneggiatori di fumetto italiani, pubblica per Granata Press (sotto lo pseudonimo Nicola Calata) il romanzo Pericle il nero.
In Italia non se lo fila nessuno, ma l'occhio lungo dei francesi della Gallimard riconosce nel libro la sostanza e lo fa uscire nella celebre serie noir: un successo enorme. A quel punto, nel 1998, Adelphi se lo accaparra e lo dà di nuovo alle stampe in Italia facendolo scoprire a tutti.
E' stato un progetto che al cinema è passato per molte mani, comprese quelle di Abel Ferrara, ed ha impiegato quasi due anni a venire alla luce, soprattutto grazie all'impegno del regista e di Scamarcio che lo ha coinvolto «perchè volevamo lavorare da tempo insieme. E’ lui che mi ha convinto a rileggere il libro, ad accettare questa sfida. Chi ha letto il romanzo conosce lo stile di Ferrandino, un flusso di coscienza su un plot quasi inconsistente. Mi ha affascinato questa idea di portarlo al cinema in un modo originale. Da qui sono partite le idee di ambientarlo in Belgio invece che a Napoli, cosi da ri-azzerare la storia in un nuovo contesto, e di giocare ancora con il genere noir. Soprattutto su questo secondo aspetto, volevo giocare con il genere, trasformarlo senza appoggiarmi troppo sul suo canone. E’ stato un lavoro narrativo molto divertente.» (S. Mordini)

Da www.ondacinema.it
"Ché dev'esserci un modo di vivere senza dolore" cantava Fabrizio De André nella meravigliosa "Disamistade". Anche Pericle Scalzone se lo chiede, alzando gli occhi verso i lampioni che fievolmente illuminano una Liegi desolata e sporca, dove i movimenti della camorra filtrano loschi e furtivi. Pericle (interpretato dal tetro e sudicio Riccardo Scamarcio) lavora per don Luigi, gestore di alcune pizzerie della città, adibite a luogo di spaccio di eroina e al riciclaggio di denaro sporco. Tra sodomie punitive e violenze ai danni delle povere vittime, il giovane orfano capisce che l'unico modo per trovare la pace con sé stesso è una semplice bottiglietta d'acqua allungata da droghe sintetiche. Un elisir da bere tutto d'un fiato per cancellare, anche solo per poche ore, tutte le sofferenze e tutte le inadeguatezze della sua esistenza. La nuova "provincia meccanica" di Stefano Mordini è la (quasi) fedele trasposizione delle pagine di Giuseppe Ferrandino (il film comincia proprio come il romanzo omonimo: "Io sono Pericle Scalzone. Di lavoro faccio il culo alla gente"), un noir secco e pungente, piuttosto insolito perché violenza e melò cedono il passo a un'introspezione sempre più incessante del protagonista. Operazione coraggiosa e onestamente non facile, va detto. Il Pericle, dall'anima nera, che elettrizzato da un livore inconsapevole, risveglia la faida di famiglia (dando il via alla performanza narrativa del film), è personaggio legato alla teatralità di certe figure iconiche da tragedia greca, come quella del suo omonimo vissuto nel 400 a.C. che cerca la felicità nella libertà e la libertà nella virtù. Quella stessa virtù che nel protagonista è però rattrappita dai dolori dell'infanzia, della violenza, della miseria. È quantomeno interessante, dunque, l'approccio schietto e diretto della pellicola nelle prime battute, nonostante il ritmo del racconto fatichi notevolmente a prendere quota. Nella seconda parte il noir sembra quasi virare in un road movie, con l'autostrada notturna che collega le infinite distese di cemento sino alle ventose spiagge di Calais. Sono le prime luci del film e la fuga di Pericle coincide con un'agognata speranza di libertà. La figura della bella divorziata Anastasia è un punto di rottura nel percorso intrapreso dal protagonista, invaghito della donna quasi più per riscattare un passato di cocenti delusioni ed emarginazioni che non per un innamoramento carnale e passionale. Invece di proseguire a scandagliare l'animo in rivolta del protagonista (come il bel pianosequenza che racchiude gli intimi dialoghi tra i due, distesi sul letto), invece di focalizzare il racconto sulle continue, tumultuose trasformazioni del personaggio, Mordini lo abbandona per dare invece manforte a una sceneggiatura sino a quel momento avara di espedienti narrativi. "Pericle il nero", unico film italiano in lizza per un premio al Festival di Cannes nella sezione Un Certain Reguard, è un'opera interessante che però, sulla lunga distanza, risente del confronto con il romanzo di Ferrandino, col quale mantiene l'essenzialità dei dialoghi ma ne patisce il percorso di svelamento, soprattutto nelle fasi conclusive della pellicola, e i prolungati monologhi in voice over. Riuscita invece è la volontà di non voler calcare la mano su politica e potere del crimine organizzato nostrano, evidenziandone piuttosto la "sua miseria morale, la solitudine che gli appartiene. La sua meschinità". Inizialmente doveva essere un progetto orchestrato da Abel Ferrara, è finito poi per essere coprodotto dai fratelli Dardenne. Il noir di Mordini non possiede però né il cinismo tenebroso del primo, né tantomeno il vivido realismo dei cineasti belga. Resta lo sguardo perso nel vuoto di Pericle/Scamarcio e un racconto di riscatto e libertà messo in scena senza troppi acuti.

 

 

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