Mustang

Sala 1 Giornata Internazionale contro la Violenza sulle Donne

Lunedì, 21 Novembre 2016

In un remoto villaggio turco Lale e le sue quattro sorelle scatenano uno scandalo dalle conseguenze inattese per essersi messe a giocare con dei ragazzini tornando da scuola. La casa in cui vivono con la famiglia si trasforma un po' alla volta in una prigione, i corsi di economia domestica prendono il posto della scuola e per loro cominciano ad essere combinati i matrimoni. Le cinque sorelle, animate dallo stesso desiderio di libertà, si sottrarranno alle costrizioni loro imposte.

 

Scheda

Regia: Deniz Gamze Erguven
Paese: Germania/Francia/Turchia
Anno: 2015
Durata: 97 min
Con: Gunes Sensoy, Doga Zeynep Doguslu, Erol Afsin, Ilayda Akdogan

Trama

In un remoto villaggio turco cinque sorelle scatenano uno scandalo per essersi messe a giocare in acqua a cavalcioni sulle spalle dei maschi per festeggiare la fine dell'anno scolastico. La casa in cui vivono si trasforma sempre di più in una prigione: alle ragazze è fatto divieto di uscire e i corsi di economia domestica prendono il posto della scuola, trasformando la casa in una sorta di “fabbrica delle mogli” per prepararle ai tradizionali matrimoni combinati. Loro però non hanno intenzione di cedere alle costrizioni imposte e faranno di tutto per riprendersi la loro libertà. 

Critica

Mustang è la versione inglese del termine spagnolo mesteño, ovvero “non domato”, una parola che evoca lo spirito selvaggio dei cavalli, la velocità dei loro movimenti tra impeto e leggiadria. Nata ad Ankara ma residente in Francia, la regista Deniz Gamze Ergüven dopo alcuni cortometraggi esordisce nel lungo con questo piccolo film dalla grande forza che mostra il continuo conflitto tra la componente conservatrice della Turchia e il bisogno, fisico ed emotivo, di emancipazione e libertà. Dallo spazio infinito della spiaggia e del mare, ai cancelli, ai vetri, la messa in scena si fa via via più claustrofobica; ma nella tenacia di queste creature “selvagge”, i cui capelli sciolti evocano le criniere lucide dei cavalli di razza, la regista simboleggia la volontà d'indipendenza e l'anelito ad una libertà strappata a forza.

Premi e festival

Miglior sceneggiatura originale, opera prima, montaggio e colonna sonora ai César 2016. Miglior film europeo ai Goya 2016 e Miglior rivelazione agli European film Award 2015. Premio Label Europa Cinemas 2016.

Rubrica

Le giovani protagoniste del film, sembra incredibile, non hanno alcuna precedente esperienza cinematografica, merito della regista aver infuso loro la giusta energia e creato le condizioni di un forte affiatamento che oltre a renderle credibili, le fa recitare come fossero parti di un unico corpo: «per me queste ragazze sono come un mostro a cinque teste che rischia di perdere una parte di sé ogni volta che una di loro viene estromessa in quache modo dalla storia» (Deniz Gamze Ergüven)

Ancora qualche parola della regista stessa nell'intervista apparsa su www.cineuropa.org:

Come ha scelto il soggetto del film?
Avevo una gran voglia di raccontare che cosa significhi essere una donna, una ragazza, in Turchia, questa sorta di filtro permanente che comincia molto presto. La prima sequenza, quando le ragazze giocano al mare montando sulle spalle dei ragazzi, è una cosa che avevo vissuto e ne ero rimasta completamente mortificata, mentre le reazioni dei miei personaggi sono più nell’ordine della rivolta. Quello che ha portato avanti il progetto è stata la volontà di mettere in scena tutte le cose che avrei voluto fare e dire, dando ai personaggi il coraggio che non ho avuto.

Un soggetto piuttosto drammatico che lei ha trattato in maniera molto dinamica.
E’ diventato subito gioioso. E una volta che avevamo dato tanto coraggio alle ragazze, di certo non volevo punirle, quindi dovevano vincere. Così, partendo da un qualcosa di molto cupo, si è arrivati a qualcosa di molto solare. Ma sono anche le attrici ad essere estremamente vivaci, come la Mustang, una metafora che unisce bellezza, libertà, spirito indomito.

Come ha voluto giocare con l’ambiente molto suggestivo per dare aria alla rappresentazione "a porte chiuse"?
Fin dalla sceneggiatura c’era un proposito di racconto, una volontà di allontanarsi dal naturalismo. Lo zio è una sorta di Minotauro nel suo dedalo, le ragazze sono come un’idra, un corpo a cinque teste con temperamenti molto diversi che mi permettevano di raccontare in maniera caleidoscopica i cinque destini possibili di una stessa donna. Per la scenografia, abbiamo trovato il sito ideale con una natura inquietante, un’architettura particolare con grandi case che ricordano le fiabe, tradizioni locali come quella di sotterrare i morti nei giardini, una dimensione un po’ fantastica.

Quali erano le sue intenzioni in termini di messa in scena?
Qualcosa di molto ampio e molto solare all’inizio del film con un incupimento progressivo mano a mano che la storia andava avanti. E una messa in scena molto dinamica perché le ragazze sono in movimento. Avevamo anche creato uno spazio all’interno della casa che mi offriva ogni possibilità di inquadratura, con una serie di prospettive e vedute dalle finestre su elementi molto precisi (la strada, altre case). Avevo la casa delle bambole di cui avevo esattamente bisogno per poterci poi giocare.

E riguardo alla produzione del film, piuttosto tumultuosa?
Incontrai Charles Gillibert all’uscita della Fémis ed è il primo produttore cui feci leggere la sceneggiatura di Mustang. Ma all’epoca non aveva ancora creato la sua società. Nel progetto quindi si è impegnata un’altra struttura francese. Sono passati due anni e tutto andava bene, ma a tre settimane dalle riprese ci siamo resi conto che il progetto era seriamente sotto-finanziato. Ho quindi chiamato Charles e tre giorni più tardi, ha accettato di riprendere in mano il progetto. In breve tempo ha cambiato il distributore francese, il venditore internazionale ed è riuscito a recuperare ulteriori finanziamenti dalle tv francesi. E’ stato di una determinazione e di una serenità imperturbabili.

Quanto è legata alla cinematografia turca?
Nel cinema non ci sono frontiere. Ora ho un nuovo progetto in Turchia, ma in precedenza avevo scritto una sceneggiatura ambientata a Los Angeles, nei quartieri afro-americani di South Central. Ma essendo un progetto in lingua inglese e non essendo io afro-americana, mi è stato impossibile convincere qualcuno. Per ottenere i finanziamenti per il mio primo lungometraggio ci voleva un progetto come Mustang, che i personaggi mi somigliassero, che si sapesse che sono cresciuta lì dentro. Ma in futuro, spero di essere abbastanza libera per poter girare fuori dalla Turchia.

 

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