Racconti d'amore

Sala 1 In collaborazione con ANPI sez. Scandicci

Lunedì, 02 Maggio 2016

Quattro storie d'amore tra le nebbie, i canali e gli spazi d'acqua, di Ferrara e della pianura. Due partigiani, amanti, traditi da una delatrice. Un fuggiasco, portato in salvo da due staffette. Micol Finzi Contini, che ripercorre le vie della sua infanzia a Ferrara, Un pescatore di Pila cade nella rete della sua illusione.

 

Scheda

Regia: Elisabetta Sgarbi
Paese: Italia
Anno: 2013
Durata: 75 min
Interpreti: Michela Cescon, Andrea Renzi, Ivana Pantaleo, Laura Morante, Sabrina Colle, Tony Laudadio, Anna Oliviero, Toni Servillo, Elena Radonicich, Rosalinda Celentano, Anna Oliviero, Maurizio Giberti

Trama

Quattro storie d'amore e di resistenza ispirate ai racconti di Sergio Claudio Perroni, Fausta Garavini, Giorgio Bassani e Tony Laudadio ambientate tra le nebbie, i canali e gli spazi d'acqua di Ferrara e della pianura. Due partigiani, amanti, traditi da una delatrice, ripensati e ricordati dalla loro figlia molti anni dopo. Un fuggiasco, portato in salvo da due staffette, attraversa i canali del Delta. Micol Finzi Contini, che ripercorre le vie della sua infanzia a Ferrara, torna nel cimitero ebraico, nella sua casa, riapparendo come fantasma nelle parole di Bassani. Un pescatore di Pila cade nella rete della sua illusione, convinto che la donna più bella del villaggio, sposata, sia pronta finalmente a cadere nelle sue braccia.  

Critica

Difficile rendere visive le parole, e soprattutto la poesia, Elisabetta Sgarbi ci riesce, in questo delicato lavoro in cui temi vastissimi quali la Memoria e la Resistenza si fanno espressione del singolo individuo, chiamato a raccontare un luogo d'affezione per eccellenza della regista: il Po, il Basso Ferrarese, il Polesine. Nonostante l'ultimo episodio di Paisà di Rossellini e i racconti di Bassani, la Resistenza nel Basso Ferrarese e nel Polesine è stata poco frequentata, perché si è creduto che non fosse possibile in pianura, men che meno nelle zone del Delta. Invece, la pianura e i canali hanno generato una specificità della Resistenza che, anche qui, ha avuto i suoi martiri e i suoi eroi, anche qui ha generato ferite e memorie. Questo film cerca di colmare questo vuoto.  

Rubrica

La regista è direttore editoriale della casa editrice Bompiani e ha ideato il festival "La Milanesiana Letteratura Musica Cinema Scienza Arte Filosofia e Teatro" di cui è anche direttore artistico.
La musica è di Franco Battiato, che si è lasciato ispirare dall'azzeccatissimo repertorio del sinfonismo nordico dei primi del 900.

Raccontateci come ha preso il via la lavorazione di Racconti d'amore.
Elisabetta Sgarbi: «I miei attori e anche gli autori dei racconti che ho filmato non sanno nulla né del film né del documentario perché non hanno visto niente. Ad agosto ho chiamato Sergio Paolo Perroni e gli ho chiesto di scrivere un film sulla Resistenza. Volevo raccontare una vicenda forte in un momento forte e mi sono concentrata sull'amore in tempo di guerra, ma poi mi sono lasciata prendere la mano e il documentario è diventato un film»


Racconti d'amore segna un cambiamento rispetto a tutte le opere girate fino a questo momento.
Elisabetta Sgarbi: «Il cambiamento è nato da una mia esigenza interna. Volevo fare una storia che andasse in direzione diversa dal documentario e stavolta la voglia di narrazione è esplosa. Dovevo fare un documentario per Rai Cinemaambientato sul Po, ma ho dovuto girare un altro lavoro perché ero andata in direzione della fiction senza rispettare le richieste della committenza. Ovviamente quando parlo di fiction, la intendo alla mia maniera, molto poco italiana e molto più europea [...] Il Polesine è un paesaggio di morte, di macerie, di desolazione. Lo squallore di quei luoghi per me è una forma di poesia, è qualcosa che mi parla e lo trovo molto più interessante dell'India o di altre location esotiche».


Franco, come hai lavorato alle musiche del film?
Franco Battiato: «Malissimo. Elisabetta non mi manda neanche un fotogramma. A volte mi invia un lista della spesa con su scritto cose tipo 'treno che fischia, acqua che scorre' e io devo seguire il mio istinto»


Michela, tu come sei entrata nel progetto?
Michela Cescon: «Elisabetta mi ha mandato un testo senza dirmi chi era l'autore. Mentre lo imparavo a memoria, sentivo che il testo era molto vicino a me, lo imparavo con grande velocità e mi semnrava di conoscere già quello stile. Quando Elisabetta mi ha detto che non potevamo cambiare una virgola del testo, mi ha anche svelato il nome dell'autore, Perroni, con cui avevo già lavorato. Sono stata sul set per tre giorni, ma le location sul delta del Po mi sono rimaste dentro. Io sono una che cancella subito le fotografie per fare spazio. Guardo sempre avanti, ma stavolta delle foto scattate sul set me ne sono tenute tre e questo è un segno importante».


Che tipo di regista è Elisabetta Sgarbi?
Elena Radonicich: «La regia di Elisabetta è onirica». Come ti sei trovata sul set? «Io sono di Torino perciò la nebbia mi è sorella. Arrivare a Ferrara e riconoscere i luoghi ha generato in me un grande affetto. E' stata un'esperienza molto bella in un luogo a me familiare. Il mio obiettivo è appagare i registi per cui lavoro e in questo caso spero di esserci riuscita»


Franco, c'è un'affinità tra il tuo cinema e quello di Elisabetta?
Franco Battiato: «Credo di si. Siamo due stranieri»
Elisabetta Sgarbi: «Da tempo Franco scrive le musiche per i miei film e sono molto belle. Ma in questo caso c'è un momento, nel ponte tra passato e presente, in cui abbiamo scelto il silenzio. E' un silenzio elettronico sul primo piano di Rosalinda Celentano. Silenzio di canne che si muovono al vento, di impercettibili sensazioni. Sembra una scena girata in presa diretta, e invece questo silenzio è scritto da Franco Battiato».
(www.movieplayer.it)